in

4 curiosità sul rito dei serpari a Cocullo

San Domenico e i serpari

Ogni anno, il primo maggio, si rinnova un imperdibile appuntamento in onore di San Domenico Abate, un rito affascinante a cui fa da sfondo un caratteristico borgo abruzzese come quello di Cocullo, in provincia dell’Aquila, una vera e propria fusione tra religione e tradizioni antichissime che richiama ogni anno tantissime persone. Cerchiamo, allora, di ripercorrere i significati di questa festa attraverso 4 curiosità che la riguardano.

Cosa sappiamo sul rito dei serpari

1. Un rito a metà tra il sacro e il profano: le diverse teorie

La statua di San Domenico Abate, posta al centro della piazza di Cocullo, viene ogni anno ricoperta quasi interamente dai serpenti e portata a spalla nelle vie del paese. Ma qual è il collegamento tra la figura di San Domenico e i serpenti?

Questa usanza, secondo alcune teorie, sarebbe legata ai riti pagani dei Marsi, antico popolo italico, e in particolare al culto della dea Angizia, protettrice dai veleni dei serpenti. In epoca contemporanea, invece, iniziò ad essere celebrata in onore di San Domenico che è ritenuto protettore dal mal di denti, dai morsi di rettili e dalla rabbia. Secondo questa teoria, infatti, il santo, rimasto a Cocullo per sette anni e donando alla popolazione di Cocullo il suo dente in segno di riconoscenza, fece scaturire negli abitanti del paese una fede tale da andare a soppiantare il culto pagano della dea Angizia. Il dente di San Domenico, infatti, viene oggi conservato tra le reliquie del santo.

Reliquia di San Domenico: il molare donato ai fedeli

Una teoria diversa è quella portata avanti dagli antropologi Giuseppe Profeta, Alfonso Maria Di Nola e Lia Giancristofaro secondo cui non può esserci un collegamento diretto tra il rito dei Marsi e quello del santo poiché intercorre troppo tempo tra i due. Gli esperti suppongono, invece, che la devozione a San Domenico sia sorta ben dopo la sua morte, quando soggiornando nel monastero di San Pietro di Lacu, vicino Villalago, Domenico fondò l’eremo, e passando poi per Cocullo, avrebbe protetto gli abitanti dal morso delle serpi velenose insieme ad altri animali considerati pericolosi, come ad esempio il cane con la rabbia, verso cui il santo è ugualmente protettore.

2. Dove vengono presi i serpenti che ricoprono la statua del santo?

La prima fase della festa consiste proprio nella ricerca e nella cattura dei serpenti, tutti rigorosamente non velenosi, che cominciano ad essere raccolti quando inizia a sciogliersi la neve da persone esperte chiamate serpari. Questi osservano le stesse tecniche e metodologie degli antichi serpari, custodendo i serpenti in scatole di legno (anche se in precedenza si utilizzavano contenitori di terracotta) per 15-20 giorni nutrendoli con topi vivi e uova sode. Ogni serpente, inoltre, viene riconosciuto attraverso un segno di riconoscimento per poter essere individuato a fine processione dal proprio serparo che lo recupera e lo riporta in libertà nei campi. Il segno può essere un tratto colorato sulla testa o un numero o simbolo sul ventre dell’animale.

3. Sapevi che la campana di San Domenico viene tirata proprio con i denti?

La festa ha inizio con i fedeli che tirano con i denti la campanella della cappella di San Domenico: secondo la tradizione questa cerimonia servirebbe proprio a proteggere i denti per intercessione di San Domenico. In origine questo momento della funzione si svolgeva all’interno della chiesa omonima, ma dal 2009, a causa del terremoto e del danneggiamento del santuario, si tira la campanella della parrocchia della Madonna delle Grazie. Dopo la Santa Messa, inizia la processione della statua del santo ricoperta dai serpenti.

Le serpi utilizzate per la processione vengono messe sulla statua del santo, ma mai davanti al viso. Secondo una credenza, tramandata da generazioni, se i serpenti coprissero il viso del santo sarebbe di cattivo auspicio. Ai fianchi della statua del Santo, infine, seguono la processione due ragazze vestite con abiti tradizionali, portano sulla testa un cesto contenenti cinque pani sacri chiamati ciambellani: secondo alcuni questi pani vengono portati in processione in memoria di un miracolo che fece san Domenico, anche se l’antropologa Lia Giancristofaro ipotizza con più probabilità che la ciambella somigliando a un serpente attorcigliato, derivi da questo simbolo ormai cristallizzatosi della festa per il santo.

4. Un rito in attesa di un importante riconoscimento

La festa del serpari di Cocullo è stata candidata presso l’UNESCO come Patrimonio immateriale dell’umanità: il patrimonio culturale, infatti, non è costituito solo da monumenti o da collezioni di oggetti ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, pratiche che riguardano la natura e l’universo, l’artigianato tradizionale. L’elemento candidabile, come nel caso del rito di Cocullo, deve possedere le seguenti caratteristiche:

  • essere trasmesso di generazione in generazione;
  • essere costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in stretta correlazione con l’ambiente circostante e con la sua storia;
  • permettere alle comunità, ai gruppi nonché alle singole persone di elaborare dinamicamente il senso di appartenenza sociale e culturale;
  • promuovere il rispetto per le diversità culturali e per la creatività umana;
  • diffondere l’osservanza del rispetto dei diritti umani e della sostenibilità dello sviluppo di ciascun paese.

Non ci resta, dunque, che partecipare e assistere a questo affascinante rito per comprenderne pienamente la grandezza e l’importanza che ha tutt’oggi nella storia della tradizione sacra e  profana abruzzese.

 

Immagine in evidenza: thanks to www.evus.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Premio Michetti

Arte, la mostra del Premio Michetti diventa permanente

arrosticini abruzzesi

Abruzzo: 3 prodotti tipici e imperdibili