La Linea Gustav
La Linea Gustav (chiamata anche Winter Line) fu una linea fortificata difensiva approntata in Italia con una disposizione di Hitler del 4 ottobre 1943 dall’organizzazione Todt durante la campagna d’Italia nella seconda guerra mondiale. Nota per essere la principale linea difensiva tedesca sul fronte dell’Italia meridionale, la Linea Gustav corrisponde, in realtà, ad una modificazione della precedente linea Bernhardt. Si estende dalla foce del fiume Garigliano, da sempre confine naturale tra sud e centro Italia sul versante tirrenico, alla città di Ortona, sull’Adriatico. Il suo fulcro strategico è rappresentato da Cassino e dalla sua abbazia.
La linea che divideva in due la penisola italiana, sfruttando il tratto più stretto della penisola e gli ostacoli naturali costituiti dalle montagne appenniniche, aveva lo scopo di ritardare l’avanzata degli Alleati e di tenerli impegnati affinché non potessero rinforzare la pressione sui fronti orientale e settentrionale. Venne sfondata il 18 maggio 1944.
I due versanti della linea
Sul fronte tirrenico, i reparti alleati, sbarcati ad Anzio nel gennaio del 1944, riescono a passare all’offensiva. Tra lo sfondamento della Gustav e la liberazione di Roma (4 giugno 1944) passano meno di venti giorni. Sul versante adriatico la linea passava lungo il corso del fiume Sangro; proprio lì venne aperto un varco durante la battaglia di Ortona (definita come la “Stalingrado d’Italia“).
Ortona: perché la Stalingrado d’Italia
La battaglia di Ortona conosciuta come la Stalingrado d’Italia è un episodio non particolarmente noto della seconda guerra mondiale, tuttavia è doveroso spiegare innanzitutto il paragone con la città russa. La battaglia di Stalingrado era stata combattuta nel gennaio 1943, mentre la battaglia di Ortona quasi un anno dopo, nel dicembre del 1943. Furono molte le somiglianze che le accomunarono, nonostante le diversità nell’ordine di grandezza, l’entità delle forze in campo e conseguentemente le relative perdite in termini di vittime e distruzione.
Ma a Stalingrado prima, e a Ortona dopo, si evocò seppur in chiave moderna, una vera e propria battaglia medioevale: corpo a corpo, casa per casa, stanza per stanza… sono queste le parole utilizzate per entrambi gli scontri, in uno scenario urbano devastato, lastricato di trappole esplosive. La guerra in passato era stata quella dello scontro nei grandi spazi non si combatteva per le città. I combattimenti, invece, che si sviluppavano intorno ad uno scenario urbano erano piuttosto relegati al Medioevo.
Anche Ortona, come Stalingrado, fu considerata un obiettivo strategico. Hitler aveva concepito ad est una manovra avvolgente che consentisse alla Wermacht di impadronirsi delle risorse petrolifere di cui la Germania aveva disperato bisogno. L’obiettivo strategico degli Alleati, invece, era quello di sfondare Ortona e da Pescara raggiungere Roma; un piano che però stato ideato sottovalutando le difficili condizioni meteorologiche che si sarebbero presentate attraversando l’appennino abruzzese a fine autunno. L’offensiva del Sangro, infatti, fu ritardata proprio a causa del peggioramento delle condizioni atmosferiche e per l’ingrossamento del fiume. Soltanto il 28 novembre partì l’attacco su larga scala.
Casa Berardi
Per i soldati canadesi comandati dal generale Chris Vokes, molti dei quali appena diciottenni, Ortona era il grande momento per dimostrare il loro valore. Sapevano che si sarebbero confrontati con l’élite delle forze armate naziste, ma erano piuttosto ottimisti. Numericamente erano il triplo degli avversari e disponevano di una logistica ben organizzata, di abbondanza di cibo e di una spaventosa artiglieria terrestre e navale. Tuttavia, l’inesperienza (per quanto unita al coraggio) dei canadesi si rivelò fatale già dalla conquista del primo avamposto tedesco: Casa Berardi. È questo un casale situato ancor oggi alle porte di Ortona, che domina una ripida valle che i canadesi battezzarono “The Gully” o “La Gola” e che si trasformò in breve tempo in un luogo di morte.
La strategia dei tedeschi
I tedeschi avevano fatto crollare i palazzi delle vie direttrici che vanno da Porta Caldari alla Piazza del Municipio e per di più tutta la città era stata minata e le strade, intasate di macerie, impedivano il passaggio dei carri Sherman, facili ad infiammarsi una volta colpiti, soprattutto se pericolosamente esposti. Per tale motivo i soldati canadesi dovevano avanzare a piedi. I canadesi si trovarono ad affrontare un combattimento in area urbana, ricordato con il termine MOUT – Military Operations in Urban Terrain.
Nell’impossibilità di avventurarsi per le strade, si fece ricorso alla tattica del topo. Si trattava di avanzare non solo casa per casa, ma stanza per stanza. Una volta liberato uno stabile venivano fatte saltare le pareti divisorie e si passava in questo modo all’edificio contiguo, dove tuttavia spesso c’era il nemico ad aspettare. Molto spesso, però, erano i tedeschi a far saltare gli edifici che crollavano sui soldati che cercavano riparo. Solo il 28 dicembre i tedeschi si ritirarono dalla città, ormai rasa quasi completamente al suolo.
Un duro prezzo da pagare
Gli alleati, dunque, riuscirono, almeno formalmente, a cacciare i tedeschi da Ortona, tuttavia persero 2300 uomini. Nella pratica Ortona fu una vittoria alleata, strategicamente, invece, può essere considerata una vittoria dei tedeschi: con pochi uomini erano riusciti a ritardare l’avanzata dell’avversario angloamericano sterminandolo per ogni palmo di terreno conquistato. Oltretutto l’arrivo della neve e dell’inverno, la stanchezza dei reparti ormai allo stremo delle forze per il logorio fisico e la tensione mentale degli ultimi mesi di guerra, nonché lo stesso cambio del comandante dell’ottava armata (Montgomery lasciò il comando al generale Leese), portarono ad una stasi del fronte adriatico. Questa situazione restò inalterata fino al giugno del 1944.
Il cimitero militare canadese
Oggi, uscendo dal centro di Ortona e spostandosi di qualche chilometro verso il mare, in contrada San Donato, è possibile visitare il cimitero militare canadese. Il cimitero, il cui sito fu scelto nel gennaio del 1944 proprio dal Corpo Canadese, ospita 1665 lapidi bianche.
Il Museo della Battaglia
Il Museo della Battaglia di Ortona, noto anche come MuBa, è situato nell’ex convento di Sant’Anna in via Garibaldi ad Ortona. Il museo è sorto nel 2002 proprio per ricordare uno scontro tanto importante quanto dimenticato. Il museo è stato allestito valendosi delle testimonianze dirette di uomini e donne ancora in vita che vissero quei tragici eventi, consentendo ai visitatori di osservare da vicino molti dei reperti bellici rinvenuti nei dintorni.
Immagine in evidenza: Cattedrale San Tommaso Apostolo distrutta durante la battaglia (Fonte: La Stampa)
Classe 1995, nasce a Vasto (CH). Conseguita la laurea in Lettere moderne, si specializza dapprima in Filologia, linguistica e tradizioni letterarie e successivamente in Giornalismo e cultura editoriale. Ha tentato fin da subito di fare della scrittura un lavoro, collaborando con agenzie web e testate locali. Oggi attraverso Visitare Abruzzo racconta la sua regione, per cogliere gli aspetti tipici di una terra autentica e verace.
Vale veramente la pena ricordare questi momenti drammatici della nostra storia.
Personalmente oggi sono venuta ad Ortona e mi ha fatto piacere conoscere il passato di questa cittadina durante la seconda guerra mondiale, così come leggere questo interessante articolo.